di Daniele Colonna
Pochi, pochissimi giorni…Questo il lasso di tempo mancante all’uscita del quinto capitolo del gioco che ha plasmato un genere,ed i ricordi, sbiaditi ma non troppo, non possono non tornare a quella sera in cui, in quella fumosa sala giochi della mia città, vidi il cabinato di Street Fighter per la prima volta.
Beh, difficile non notarlo…Per gli standard dell’epoca (era il 1987) il coin-op in questione faceva di tutto per mettersi in mostra, viste le rumorose casse stereo e, soprattutto, quei 2 tastoni giganti in gomma contro cui la gente dopo un bel po’ di coda, picchiava con violenza inusitata…Sì, avete letto bene, “dopo un bel po’ coda”…
Nelle prime settimane infatti avvicinarsi al suddetto cabinato significava sorbirsi una fila non indifferente e piuttosto variegata, tra persone semplicemente vogliose di giocare, gli immancabili “gufi” posti ai lati dello schermo volenterosi unicamente di sbirciare le partite altrui e (forse la categoria peggiore…) finti campioni che alle tue prime difficoltà nella partita si offrivano di superare il round al posto tuo per poi in realtà perdere miseramente.
Il concetto di gioco non era una novità assoluta, alla fine i picchiaduro ad incontri avevano già fatto la loro comparsa con International Karate e Ye Are Kung Fu, ma a partire dall’ottima realizzazione tecnica fino alla giocabilità, c’erano tutta una serie di particolari che ne mettevano in risalto il potenziale, come ad esempio la possibilità di eseguire alcune mosse speciali in grado di infliggere grossi danni al malcapitato di turno tramite rotazioni dello stick mai impiegate prima.
Ryu e Ken infatti, gli unici 2 personaggi utilizzabili nel primo episodio, potevano contare su 3 colpi micidiali (Hadouken, Shoryuken e Tatsumaki Senpukyaku) la cui esecuzione però non veniva in alcun modo illustrata, dando il via a tutta una serie di leggende metropolitane sull’esecuzione delle stesse e tracciando subito un divario netto tra i giocatori occasionali e quelli più esperti.
Ma si parlava giusto qualche rigo fa di grande potenziale…
Passarono infatti quattro lunghi anni quando, in maniera non del tutto casuale, la poca voglia di andare a scuola di una mattina come tante altre, mi portò davanti ad un cabinato che aveva un non so che di familiare. Certo, lo scontro in questione vedeva protagonisti un mostriciattolo verde ed un’acrobatica ragazza cinese, personaggi alla fine mai visti prima, eppure vi erano una serie di segnali, che mi portarono a sperare che Capcom potesse finalmente aver dato un seguito a quel gioco visto anni prima.
Iniziai quindi a fare da spettatore a quella partita in attesa di riconoscere qualcuno tra i vari Retsu, Birdie, Eagle…o magari Adon (maledetto !!!), senza però riuscire a ritrovare nessuno di loro.
Poi, come un fulmine a ciel sereno, quei tre riquadri raffiguranti i boss di turno con un (ehm…) occhio particolare rivolto ad uno di loro…
Sì perché per quanto il divario grafico fosse profondo, quella benda sull’occhio destro non lasciava spazio a dubbi di alcun tipo e la bandiera thailandese remava fortemente nella direzione in cui speravo.
Giusto il tempo di vedere il malcapitato di turno infilare qualche altra monetina da 200 lire per poter finalmente superare Vega ed eccolo comparire sullo schermo: era lui, era Sagat e questo non poteva che significare una sola cosa: Street Fighter era tornato ed era pronto a raccogliere quanto di buono seminato anni prima e stavolta con gli interessi ! Oh sì, tanti, tantissimi interessi !
Liquidato Sagat, relegato ormai a vice-boss di fine gioco e dopo aver visto il gufato di turno inserire svariate altre monetine per far fuori M.Bison, (ribattezzato con orrore nei peggiori locali della mia città come “Mister Bison”) ebbi giusto il tempo di apprezzare il simpatico finale di Blanka prima di potermi finalmente tuffare in quello che sarebbe stato uno dei videogames più giocati dal sottoscritto nel corso degli anni.
La selezione tra gli otto (un’enormità per l’epoca) protagonisti fece subito riaffiorare altri volti noti: Ken e Ryu infatti, presenti già nel primo capitolo, erano lì, pronti per poter essere utilizzati e rappresentavano di certo una buona opzione per chi aveva giocato l’episodio precedente, per quanto riguarda me (lo ricordo come se fosse ieri…) beh, optai per il nipponico lottatore dal kimono bianco e fu amore alla prima partita!
I cambiamenti a livello grafico col primo capitolo ovviamente erano abissali (pensate tanto per capirci, al divario grafico esistente tra una PSX ed una PS3, dato che le differenze tra una generazione e l’altra erano più marcate rispetto ad oggi…) ma le novità non erano solo visive.
Gli avversari non permettevano di utilizzare sempre la solita mossa (laddove invece nel primo Street Fighter andare avanti a colpi di Hadouken era una pratica piuttosto usuale) spingendo il giocatore a variare le proprie tecniche in base all’avversario di turno denotando grossi passi avanti per quanto riguardava l’intelligenza artificiale ed il suddetto effetto veniva amplificato all’ennesima potenza quando si passava alle partite tra due sfidanti in carne e ossa!
Le partite tra due giocatori anche solo mediamente esperti, erano infatti molto appassionanti da seguire, dato che il meccanismo di mosse e contromosse messo su da Capcom aveva (e per certi versi ha tutt’oggi !!!) dell’incredibile, al punto che la cosa più vicina ad una partita a due giocatori a Street Fighter II: The World Warrior fosse probabilmente una partita a scacchi !
Il button mashing (arte molto di moda a fine anni 80…) finalmente non pagava più e lasciava spazio a tattica ed ingegno, facendo in modo che un utente alle prime armi non avesse praticamente scampo contro chi invece aveva accumulato un buon numero di ore di “esperienza”.
A fare da contorno, una colonna sonora da urlo, infarcita di brani che la gente fischiettava ovunque (immortali quelle degli stage di Ryu e Vega) e da effetti sonori di qualità cristallina per l’epoca che, nei momenti peggiori di delirio, sfociava in “Hadouken” e “Shoryuken” urlati per i corridoi delle scuole.
A contribuire alla massiccia diffusione del fenomeno Street Fighter a questo punto, arrivò un intero mercato in forte espansione: quello delle console casalinghe !
Si perchè dopo essere parzialmente scomparse ad inizio anni ’80 per lasciare spazio ad Amiga, Atari ST e PC, le console da gioco stavano vivendo una nuova giovinezza e dopo aver affidato la conversione del gioco delle versioni per home computer ad esterni (US GOLD…ahimè con tutti i limiti del caso), Capcom decise di occuparsi in prima persona del porting su Super Nintendo.
Ne venne fuori quello che ai tempi era definito un “Arcade Perfect”, ovvero una versione casalinga identica in tutto e per tutto a quella da bar! In pratica il sogno di milioni di videogiocatori grazie a quella conversione divenne realtà: finalmente era possibile giocare a Street Fighter II interi pomeriggi, da soli o con amici, senza dove infilare quelle maledette monetine comodamente seduti sul divano di casa ! A patto chiaramente di possedere un Super Nes e una cartuccia (non proprio a buon mercato, circa 150 mila lire…) del gioco in questione.
Ma si sa, i videogiocatori sono un po’ degli eterni insoddisfatti e così iniziarono i piagnistei dovuti al fatto che non fosse possibile utilizzare i quattro carismatici boss di fine gioco, anche se le lamentele non durarono a lungo…
Passò giusto un anno infatti e Capcom rilasciò Street Fighter II’: Champion Edition versione che finalmente rendeva possibile utilizzare Balrog, Vega, Sagat e M.Bison permettendo così agli appassionati di svolazzare da una parte all’altra dello schermo a colpi di Psycho Crusher !
Tra le novità degne di nota, anche la possibilità di utilizzare lo stesso personaggio negli scontri a due giocatori e l’introduzione di conseguenza di una seconda colorazione per ogni protagonista.
A bearsi dell’esclusiva casalinga questa volta furono i possessori di Sega Megadrive rimasti orfani del picchiaduro per eccellenza per troppo tempo (penalizzati anche da un pad dotato di soli tre tasti, quello a sei arriverà solo successivamente…) e finalmente liberi di godersi il blockbuster del momento.
Il fenomeno Street Fighter II nel frattempo non sembrava volersi placare in alcun modo.
Le sale giochi (anche le più piccole !!!) spesso vantavano due o più cabinati del gioco e addirittura iniziarono a diffondersi versioni non ufficiali del titolo, con hadouken sparate a mezz’aria e mosse improbabili frutto di modifiche al codice originale spinte anche dalla continua fame di nuovi contenuti che indispettirono non poco la casa di Osaka.
La risposta di Capcom però non tardò ad arrivare neanche questa volta.
A soli otto mesi dall’uscita dell’edizione “Dash” infatti, vide la luce Street Fighter II’ Turbo Hyper Fighting, che finalmente proponeva delle nuove special moves come il “Kykoken” di Chun-Li e lo “Yoga Teleport” di Dhalsim, oltre a qualche ritocco grafico su alcuni scenari, una velocità di gioco aumentata e una nuova colorazione per ciascun personaggio presente nel gioco.
Anche in questo caso a fare da cassa di risonanza all’ennesima versione del picchiaduro Capcom una conversone praticamente perfetta rilasciata in esclusiva (ancora…) per Super Nintendo in attesa del gran finale ormai in dirittura d’arrivo.
Già perchè nel 1993, ancora dopo meno di un anno dall’ultima release, la software house giapponese pensò che i tempi per allargare il roster di personaggi selezionabili fossero ormai maturi. Con un occhio sempre attento al bilanciamento delle varie mosse e su un hardware leggermente più potente (si passò dall’ormai vetusta CPS alla CPS II…) arrivò Super Street Fighter II – The New Challengers titolo che ovviamente strizzava l’occhio all’introduzione dei 4 nuovi lottatori presenti: Cammy, Fei-Long, Dee-Jay e T.Hawk.
Ad arricchire il tutto ben 8 colorazioni disponibili per ciascun personaggio, stage finemente rivisitati per l’occasione (notevole il “lifting” subito da quello di Sagat…) colonna sonora ed effetti sapientemente migliorati e tutta una nuova serie di animazioni.
Per il mercato casalingo Capcom questa volta optò per una decisione “salomonica”. Il titolo infatti uscì sia per Megadrive che per Super Nes, facendo felici tutti, specie Capcom stessa (199 mila lire circa, bei soldi all’epoca per quello che oggi probabilmente sarebbe un DLC !!!) riuscendo nell’ennesima conversione perfetta di un gioco che, in versione da bar poteva contare su un hardware ben più potente.
Tutto finito ? Nemmeno per sogno !
Fu solo nel 1994 infatti che la versione “definitiva” (almeno per quanto riguarda i coin-op) di Street Fighter II raggiunse il pubblico. Con Super Street Fighter II Turbo infatti, Capcom chiuse il ciclo inerente il secondo capitolo della leggendaria saga, introducendo una novità non da poco: le “Super Combos”, tutt’oggi utilizzate a distanza di oltre 20 anni !!! Non va trascurata inoltre la presenza per la prima volta nella serie di Akuma, affrontabile al posto di M.Bison unicamente giungendo a fine gioco con un unico gettone.
A questo punto la community, dopo aver giocato in pratica allo stesso titolo per 5 anni, iniziò a chiedere a gran voce un vero e proprio seguito che introducesse delle novità di rilievo, ma quella che porta a Street Fighter III (tra le altre cose passando tra le serie Alfa ed Ex…e tralasciando l’orrenda parentesi “The Movie”) è un’altra storia, la mia, quella che racconta delle origini del mito, finisce qui.
Quella di Street Fighter invece non finisce affatto, anzi, sta giusto per vivere un nuovo ciclo.
Street Fighter V infatti è ormai dietro l’angolo, con le sue nuove combo, nuovi personaggi ed un aspetto al passo coi tempi, condito sapientemente della raffinatissima giocabilità che ci accompagna da quasi 30 anni.
Spolveriamo i nostri pad e prepariamoci a questo fantastico nuovo inizio, ormai ci siamo quasi !